martedì, dicembre 19, 2006

Qi Gong.



Un'altra forma di Yoga è quella che genericamente posso indicare con la definizione di Qi Gong: parliamo, com'è intuibile, di Yoga cinese. In realtà le forme che quest'ultimo assume sono molteplici: alcune mediate direttamente dall'India, probabilmente sviluppatesi in Cina attraverso l'influenza del Buddhismo. Altre più propriamente originate dallo spirito cinese, quello del Taoismo: l'Alchimia taoista, le Arti Marziali - il Wu Shu. Esistono forme "esterne" di quest'ultimo, più adatte al combattimento, per esempio il Gong Fu (Kung fu), e forme "interne" come il Taijiquan (Tai Chi Chuan), più meditative, e in relazione con i movimenti interiori del Qi (l'energia vitale). Qi Gong significa "controllo del Qi" o qualcosa del genere, e può essere considerato una disciplina "interna" - introspettiva - aventi forti analogie con il Pranayama dello Yoga indiano e con le relative tecniche di meditazione. Ad esso possono associarsi esercizi cinesi per migliore il tono fisico e accrescerne la flessibilità e la forza: lo stesso Taijiquan o altre serie di movimenti, per esempio i cosiddetti "Otto Pezzi del Tesoro" o "Otto modi di Filare la Seta". Personalmente sono molto attratto anche da queste forme cinesi di pratiche per il corpo e la mente, che hanno caratteristiche analoghe e diverse dallo Yoga indiano. Le analogie le abbiamo accennate, mentre le differenze stanno, a mio parere, soprattutto in questo: la mentalità cinese è meno ascetica nel senso del "rifiuto" del corpo o della necessità del suo superamento. Tutta la spiritualità taoista cinese rimane all'interno della struttura umana, senza fare grandi differenze sostanziali fra interno ed esterno, fra spirito e materia, Cielo e Terra: i due estremi polari sono talmente complementari da poter essere sviluppati entrambi. Il "santo" taoista ha come ideale l'immortalità - un pò come nelle altre religioni. Però la sua immortalità non è raggiungibile dopo la morte, ma in questa stessa vita! Se la trasmutazione in tal senso del corpo non è raggiungibile che dai grandi Maestri Taoisti, ai livelli inferiori si può ottenere la longevità o, perlomeno, a livello comune, una migliore salute... Quindi gli esercizi cinesi mirano soprattutto a produrre uno stato vitale solido, duraturo, per l'insieme mente-corpo e, per i motivi anzidetti, lo fanno soprattutto utilizzando il movimento. Naturalmente quella che ho delinato fra Yoga e Qi Gong può essere una distinzione troppo netta (soprattutto se penso al Kundalini Yoga come insegnato da Yogi Bhajan) e, in realtà, i due sistemi si somigliano più di quanto si pensi. Però è degno di nota il fatto che le posizioni dello Yoga, le asana, debbano essere prevalentemente stabili, mentre Qi Gong e Taijiquan siano dinamici come in una splendida ed equilibrata danza.

martedì, dicembre 12, 2006

Profondità.


Dopo alcuni mesi di entusiasmo nei quali ho ritrovato il piacere di fare Yoga, e in particolare Kundalini Yoga, sento che in questi giorni stanno affiorando in me nuove e antiche sensazioni: come se si approfondisse qualcosa e le asana acquisissero una qualità di silenzio meditativo, di rilassamento, di forza e di mistero maggiori. E' sempre difficile cercare di spiegare queste cose, perché si tratta di percezioni più che di osservazioni elaborate concettualmente. Per quanto mi riguarda le sensazioni che stanno emergendo so di averle già conosciute: si tratta di qualcosa che avevo sperimentato in passato, anni fa, quando facevo questo genere di esercizi con regolarità; dopo di ché, preso evidentemente da altri eventi ed esperimenti, le ho accantonate e dimenticate. Ecco perché parlo di un riaffioramento. Nell'attuale, inoltre, non so più bene quale stile di Yoga io stia seguendo, quale scuola: faccio quello che sento e che mi dà ispirazione, non solo come esercizi in sé, ma anche nel modo di farli, di sentirli. Credo di capire una cosa: si tratta di fasi transitorie, di movimenti, come se seguissi un flusso che conduce in una sorta di viaggio, anche con ritorni ciclici o periodici delle stesse modalità, degli stessi paesaggi. Un'altra cosa che ho pensato: le stagioni forse hanno una qualche influenza sullo "stile" della pratica: diversa è l'estate, diverso l'inverno. In questo momento, con il freddo, con il buio, ci si introverte, si cerca di custodire, di introiettare, di chiudere all'interno, nell'intimo.
Inoltre c'è anche la mia pratica "meditativa", cioè quella buddhista, che è affiancata e completata dagli esercizi Yoga e che ne rappresenta il nucleo centrale: in effetti anch'essa in questo momento sta assumendo una diversa qualità, ed è più interiorizzata, più dentro il cuore di qualche giorno fà, con una sua specifica caratteristica di silenzio - pur consistendo nella recitazione di un mantra, di una preghiera. Recitando, per utilizzare una metafora percettiva, sento di attingere acqua da un pozzo situato nella profondità di me stesso...

lunedì, novembre 13, 2006

Do-in.


Un'altra tecnica molto utile e interessante che vale la pena di imparare e di applicare è il "Do-in", cioè una forma di automassaggio, una specie di Shiatsu fatto su sé stessi. Si tratta di una disciplina divulgata qualche decennio fa nell'ambito della Medicina Macrobiotica, ma - sebbene la sua formulazione attuale sia relativamente recente - in realtà si richiama alle millenarie tecniche estremo-orientali per la salute, il benessere, lo sviluppo della consapevolezza: per esempio al Tui-na cinese e, naturalmente, all'Agopuntura - soprattutto per la conoscenza dei "meridiani" di energia e dei "punti". In sintesi si tratta di una serie di massaggi fatti su sé stessi a partire dalla sommità del capo per finire sulla pianta dei piedi. La sequenza completa rappresenta una seduta da fare preferibilmente al mattino per favorire il 'risveglio' e la circolazione delle energie, oppure in altri momenti della giornata per ritrovare rilassamento e vigore - eseguendo le manipolazioni anche soltanto su specifiche zone del corpo. Personalmente ne ho avuto esperienza, e posso testimoniare che si tratta di una pratica piuttosto efficace per ripristinare o approfondire uno stato di benessere, di vitalità. E' piuttosto utile dopo una malattia o durante un qualche tipo di convalescenza: permette una rapida riappropriazione della percezione della salute. Si integra molto bene con lo Yoga ma, naturalmente, non può sostituire gli esercizi e le respirazioni che modificano a fondo lo stato fisiologico. Per questo al Do-in come automassaggio sono state aggiunte, da parte dei divulgatori giapponesi, pratiche orientali di flessibilizzazione del corpo affini alle asana dello Yoga, oltre che apposite concentrazioni, meditazioni e respirazioni: in questo modo si è cercato di renderlo una disciplina completa, una utile controparte energetica della Macrobiotica in quanto disciplina alimentare.

giovedì, novembre 09, 2006

Kundalini Yoga e Buddismo.




Ho ricominciato a praticare il Kundalini Yoga da circa cinque mesi e la mia salute, la flessibilità e l'energia stanno velocemente migliorando. Però io sono anche un praticante del Buddismo di Nichiren Daishonin, che implica una specifica pratica meditativa: la recitazione dei mantra propri di questa scuola e di questa tradizione. Ciò costituisce un problema - spero che potrà capirmi chi si è trovato in analoghe situazioni - perchè il Kundalini Yoga fa uso di altri mantra, legati invece all'ambito del sikhismo e alla sua cultura. Ebbene, una volta un mio carissimo amico seguace di Yogi Bhajan mi fece notare che - a suo avviso - non si può praticare questa forma di Yoga escludendone le meditazioni: sarebbe un utilizzo parziale e scorretto, soprattutto nei confronti del Maestro. In breve il Kundalini Yoga è per questo mio amico un tutt'unico omogeneo e utilizzarne una parte - gli esercizi - disconoscendo l'altra - le meditazioni - non va bene. Devo dire che questa opinione ha molto influito su di me, durante molti anni: per rispetto del mio amico e di Yogi Bhajan mi sono astenuto dagli esercizi di Yoga Kundalini, che pure conosco abbastanza bene, preferendo il Buddismo perché sentivo e sento con la sua forma di meditazione e con la sua visione una grande sintonia. Tuttavia, devo dire, l'amore per lo Yoga è in me altrettanto presente e, soprattutto, ho l'esigenza di una pratica fisica. Per questo motivo, per riaquistare energia e flessibilità, ho ricominciato a praticare gli esercizi. Ma il dubbio di sbagliare, di mancare di rispetto verso la mia e l'altrui pratica "spirituale" mi è rimasto! Ecco perché, alla fine, ho scritto una lettera chiedendo un consiglio a Gururattan Kaur, una famosa e capace insegnante americana di Kundalini Yoga che ho imparato ad apprezzare leggendone i lavori su internet. Riporto qui di seguito uno stralcio della mia lettera e di quella che considero la sua incoraggiante e illuminante risposta (la traduzione dall'inglese è mia), per la quale sono immensamente grato:
"Cara Gururattan, ho un dubbio e vorrei conoscere la tua opinione. Cominciai a praticare il Kundalini Yoga a Roma molti anni fa, nel 1976 o 77: probabilmente fui fra i primi studenti italiani di questa disciplina e i miei insegnanti furono Guru Meher Singh e Guru Meher Kaur. Incontrai Yogi Bhajan durante il primo Tantra in Europa, a Tour, in Francia. Praticai più o meno costantemente lo Yoga per circa cinque anni, dopo di che feci altre esperienze nella mia ricerca spirituale, però periodicamente sono ritornato al Kundalini per brevi periodi. Dieci anni fa ebbi seri e concreti problemi nella mia vita e sentivo il bisogno di un aiuto. Facendo Yoga diventavo sempre più arrabbiato con gli eventi che mi capitavano, e non ero capace di uscirne fuori. Fu allora che cercai e incontrai il Buddismo di Nichiren Daishonin. Attraverso il mantra Nam Myoho Renge Kyo e il Gohonzon risolsi rapidamente i miei problemi sia interiori che esteriori, e anche in una maniera piuttosto miracolosa! Per questo ancora pratico il Buddismo.
Adesso, per ragioni di salute, ho di nuovo bisogno di fare Yoga. Innanzitutto devo dire che non mi piace la ginnastica normale. Conosco abbastanza bene l'Hatha Yoga, ma il Kundalini è per me più facile, forse perché l'ho praticato più a lungo. Però il Kundalini Yoga è una via completa e, in qualche modo, alternativa al Buddismo. Questo è il mio dubbio: mi piace fare il Kundalini, ma apprezzo molto anche il Gongyo (la pratica buddista) e, in più, sono sinceramente riconoscente verso il Buddismo! Se pratico ambedue temo di fare qualcosa di sbagliato, specialmente perché ho l'impressione che sia impossibile fare bene due cose contemporaneamente. In più non voglio offendere o svalutare lo Yoga e Yogi Bhajan, ma neppure il Gohonzon! D'altro canto penso che ad un livello profondo non ci sia una vera incompatibilità o differenziazione fra le due scuole, e che io possa cercare di farmi un sistema personale, una mia particolare forma di integrazione delle esperienze che ho avuto e delle cose che ho imparato... Beh, sono nei guai e sarei molto interessato ad avere il tuo consiglio..."
Risposta di Gururattan Kaur:
"Caro Maurizio, il nostro fine è la connessione consapevole con il Divino. Tutte le Vie conducono verso l'Uno. E ognuna di esse funziona. Tu hai potuto trarre vantaggio da due Sentieri differenti per facilitare il tuo viaggio e questo è grande. E' importante essere grato per ciò che ognuno d'essi ha da offrirti: usa ciò di cui hai bisogno nel momento in cui ne senti il bisogno. Dentro di te sai ciò che va bene per te. Certamente dobbiamo avere cura dei nostri corpi. In realtà il problema è il tuo stesso dubbio. Tu non stai svalutando niente. Yogi Bhajan era solito dire alle persone che seguivano altre Vie - fai Kundalini Yoga. Ti renderà un Buddista migliore, un miglior Cristiano, un miglior Musulmano. Procedi pure nella tua personale integrazione. L'allineamento fisico si addirà enormemente alla tua pratica. Tu non sei "nei guai". Tu sei benedetto."

mercoledì, giugno 28, 2006

Ardha Matsyendrasana.



Come tutte le asana anche questa è il frutto di una profonda conoscenza dei meccanismi del corpo, della sua fisiologia e dell'energetica, oltre che rappresentare un'allegoria di stati interiori. L'Ardha Matsyendrasana è dedicata nel nome a Matsyendra, il mitico essere divino dalla forma di pesce che per primo ricevette gli insegnamenti dello Yoga dal Dio Shiva, e si lega al simbolismo della spirale: il corpo infatti, nell'assumere l'asana, riproduce proprio questo tipo di figura ascendente. La spirale indica evoluzione: la rotazione su sé stessa più volte, dal basso verso l'alto, allude alla crescita per stadi successivi, un eterno ritorno a livelli diversi. Lo sguardo di chi entra nella posizione, notiamo inoltre, non è volto in avanti - come nella coscienza ordinaria - bensì all'indietro: ciò significa avere un punto di vista diverso, controcorrente, capace di accogliere flessibilmente aspetti normalmente nascosti del reale. Credo che anche nella normale psicosomatica la flessibilità della spina dorsale e del collo in particolare indichino una certa ampiezza, una morbidezza di vedute, la possibilità di accogliere il nuovo senza rigidità e paure. Nel riprodurre l'asana ci si concentri proprio su questo vedere le cose da un'angolazione nuova e ulteriore, su questo cambiamento del livello di esperienza. Non a caso Matsyendrasana porta il nome del primo Yogi, colui che emergendo dall'oceano osservò e imparò la scienza di Shiva. Egli attualizzò proprio quanto andiamo dicendo: uscire dal divenire per scorgere l'essere...

venerdì, maggio 12, 2006

Yoga e attività quotidiana.


In effetti non è semplice conciliare lo Yoga e i suoi ritmi con le nostre attività quotidiane: lavoro, famiglia, impegni vari, eccetera. Questo almeno in teoria. Intendo dire che uno spazio si trova sempre per fare ciò che piace. Lo Yoga Kundalini poi, per come l'ho conosciuto io, è particolarmente adatto ad inserirsi nella vita di noi occidentali indaffarati: infatti bastano pochissimi minuti per avere come risultato una buona carica energetica. Inoltre il tipo di esercizi, con l'utilizzo di respirazioni e contrazioni, con l'accento posto sulla resistenza e sul rilassamento, favorisce fortemente la capacità di affrontare e superare lo stress. Credo che Yogi Bhajan abbia proprio cercato - anche in accordo con la sua identità Sikh - di non insegnare uno Yoga che si astraesse dalla vita "nel mondo", che favorisse l'ascesi solitaria. Piuttosto ha insegnato tecniche che, pur dotate di carica meditativa, contemplativa e introspettiva, dessero la capacità di trasmutare la materia grezza della quotidianità e di inserirsi positivamente nella vita sociale.

giovedì, marzo 23, 2006

Bhujangasana.


La "posizione del cobra" è complementare alla precedente, essendo un esercizio in cui si inarca la colonna vertebrale all'indietro. La dinamica del movimento che porta alla posizione finale, inoltre, suggerisce proprio un innalzarsi, un ergersi della parte superiore del corpo - a somiglianza del serpente del quale porta il nome. La forza Kundalini viene immaginata nello Yoga come un serpente dormiente alla base della spina dorsale - nel plesso sacrale - che, risvegliata attraverso la pratica, percorre le vertebre dorsali risalendo lungo i chakra e li attiva, culminando poi in quello al vertice del capo - il Sahasrara: il destarsi e sollevarsi dell'energia serpentina viene, dunque, efficacemente rappresentato nell'asana che stiamo esaminando. Inoltre, se il Paschimottanasana può essere messo in relazione simbolica con l'occidente, il calare del Sole e l'inizio del suo percorso notturno, viceversa il Bhujangasana descrive l'elevazione dell'astro al di sopra e al di fuori delle tenebre e della dimensione sotterranea. E' la trasformazione della coscienza e, di conseguenza, della realtà.

martedì, marzo 21, 2006

Paschimottanasana.


"Paschimottanasana" significa in sanscrito "posizione dell'occidente". Il motivo di questo nome va ricercato nell'orientazione del praticante yoga, il quale tradizionalmente esegue i suoi esercizi fisici e spirituali rivolto ad oriente e cioè verso il sole nascente: il momento in cui l'astro sorge dalla simbolica profondità della Terra è quello in cui la luce vince sulle tenebre, lo spirito sulla materia, l'immortalità sulla mortalità, e via dicendo. L'est, l'oriente, dunque, è in analogia con gli scopi stessi della disciplina yoga. Però lo yogi deve tener conto anche dell'ovest simbolico, cioè del tramonto del sole, del confronto con l'oscurità e la limitazione. Poiché il praticante guarda concretamente e ritualmente ad est, la sua schiena è ovviamente rivolta ad occidente: è il "retro", la "posteriorità" di cui egli stesso è meno cosciente, ciò su cui può agire in minor grado e che non può guardare direttamente. Ecco quindi che paschimottanasana viene ad essere un profondo stiramento proprio di questa zona "occidentale", là dove si trova anche la spina dorsale - sede delle nadi (canali energetici) principali che veicolano il risveglio di kundalini, cioè della consapevolezza. L'anzidetto stiramento si compie, in effetti, come una sorta di inchino mediante il quale la testa viene portata fra le ginocchia e le mani afferrano i piedi: per analogia è una rappresentazione del sole (il capo, la testa) che si immerge nell'oscurità del suolo (gambe, piedi) e, quindi, una raffigurazione del tramonto, dell'occidente. Yogi Bhajan diceva questa posizione sviluppa l'umiltà. In effetti è proprio dalla capacità di immergersi negli aspetti difficili, oscuri della vita e nella paziente umiltà che si dimostra nell'accoglierli, che essi possono essere trasmutati, sublimati, superati. Le posizioni yoga sono, in sostanza, simboli corporei e questa esaminata allude ad una estrema flessibilità, alla capacità di chinarsi, di prendersi cura degli elementi meno esaltanti e più concreti dell'esperienza.

giovedì, marzo 02, 2006

Amrit Vela.


Amrit Vela significa, più o meno, "l'ora d'ambrosia", "il tempo del divino nettare". E' il termine adoperato dai Sikh per indicare il momento più adatto per la meditazione e la preghiera: dalle 3 alle 6 del mattino. L'orario coincide con quello di moltissime tradizioni, sia legate all'oriente, per esempio l'induismo, che in relazione con la vita monastica degli ordini religiosi occidentali: in quel momento, sia pure con spiegazioni differenti, un pò tutti quanti pensano che accada qualcosa o, quantomeno che la possibilità di entrare in contatto con sé stessi, con la dimensione divina, sia facilitata. Anche a me, quando praticavo lo Yoga Kundalini, fu insegnato ad alzarmi prestissimo, prima dell'alba. Dopo alcuni esercizi preliminari atti a favorire il risveglio e un'abluzione con acqua fredda, si cominciavano le pratiche: il lavoro sul corpo attraverso movimenti e respirazioni, e sulla mente con tecniche matriche e meditative. Devo ammettere che, nonostante la fatica e lo shock ineliminabile nell'alzarsi a quell'ora, i risultati li ho sperimentati: ho potuto apprezzare alcuni dei momenti più belli e suggestivi mai provati nell'esecuzione delle pratiche yogiche. I Sikh di Yogi Bhajan, inoltre, erano - e credo siano tuttora - particolarmente inseriti nella vita lavorativa e quotidiana, per cui dopo la Sadhana del mattino (momento, tra l'altro, di riunione con tutti i membri della comunità) ognuno affrontava le proprie attività sociali e concrete. Poiché il Kundalini Yoga è piuttosto energetico, tali attività - almeno nelle intenzioni - risultavano potenziate. Oggi, confesso, mi rimane il rimpianto di quei momenti - perché, invece, trovo molto difficile inserire nei miei ritmi una levataccia di quel genere, pur alzandomi comunque abbastanza presto. Beh, per un periodo si potrebbe sempre fare: è un'ottima pratica. Provare per credere!

mercoledì, marzo 01, 2006

Introduzione


La mia esperienza nell'ambito dello Yoga è stata relativamente articolata, nel senso che ho praticato diverse forme di questa disciplina - sia pure in maniera limitata e discontinua. Quella che ho frequentato di più nella pratica è stato il Kundalini Yoga insegnato da Yogi Bhajan. Si tratta di una elaborazione per certi versi geniale di antiche discipline da parte di questo Yogi appartenente al Sikh Dharma, il quale credo abbia inteso strutturare una forma yogica moderna, rapida ed efficace, adatta alla nostra vita occidentale caotica e stressata. Lo Yoga Kundalini si presenta come un insieme di tecniche abbastanza diverse dal classico e più conosciuto Hatha Yoga. La differenza sta soprattutto nella dinamicità degli esercizi e nello sforzo che spesso bisogna fare per attuarli, cosa che generalmente è totalmente assente nell'Hatha Yoga. In questo sito blog vorrei parlare di queste tematiche e di altre nello stesso ambito, naturalmente sempre secondo la mia limitata esperienza e la mia personalissima comprensione, senza alcuna pretesa: soltanto per riflettere a modo mio su argomenti che mi hanno molto interessato e che ancora fanno parte sia del mio bagaglio che della mia ricerca attuale.